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martedì 31 ottobre 2017

Continuano le indagini sulla centrale

Riportiamo l'articolo comparso su Il Piccolo in merito alle indagini della procura di Gorizia sulla centrale di Monfalcone.

Il Piccolo 23/10/2017

il procuratore dopo la visita avvenuta a marzo

Il blitz alla Centrale di A2A
Lia: «Vanno trovate le prove»

Si erano presentati alla centrale per eseguire l'acquisizione della documentazione tecnica dell'azienda Avevano eseguito i prelievi. Campioni di terreno, mentre i sub avevano scandagliato il tratto di canale Valentinis. All'impianto termoelettrico era giunto anche il pubblico ministero, Valentina Bossi. A2A aveva loro aperto le porte mettendosi a disposizione dell'autorità giudiziaria. Era lo scorso mese di marzo. Contestualmente all'ingresso degli investigatori alla centrale erano stati notificati tre avvisi di garanzia ai responsabili di vertice dell'impianto. Uno strumento a tutela dell'indagato, che non rappresenta pertanto alcun indizio di colpevolezza. L'ipotesi di accusa formulata dalla Procura di Gorizia è quella di «violazione dolosa delle disposizioni in materia ambientale». Articolo 452 bis del Codice penale. Ciò al fine di accertare il rispetto delle normative ambientali vigenti da parte della centrale monfalconese. Un'indagine scaturita a seguito di alcune segnalazioni su presunti casi di inquinamento nel periodo tra il 2011 e il 2013. Tra le segnalazioni l'esposto presentato dall'allora consigliere comunale di opposizione Anna Maria Cisint, nonchè prima quello dell'imprenditore Alessandro Vescovini.La Procura si è avvalsa anche di un tecnico specializzato in impianti termoelettricì, che si è occupato peraltro della centrale di Vado Ligure. Fin qui le premesse di un'indagine tuttora in fieri. Sono passati oltre sei mesi dal blitz della Procura. I tempi sono proporzionali alla portata del processo di verifica. Lo spiega il procuratore Massimo Lia: «Le indagini con possibili reati ambientali a carico di grandi aziende comportano un'attività consistente dovendo applicare le normative ad una realtà produttiva importante e verificare i teorici collegamenti di eventi inquinanti. Insomma si tratta di un percorso di accertamento complesso. Un magistrato si deve evidentemente affidare a organi e tecnici specializzati al fine di acquisire una serie di dati corposa che poi vengono elaborati per arrivare ad un risultato finale dal quale valutare la sussistenza o meno dei reati». Nel caso della centrale, continua il procuratore, si tratta di passare in rassegna gli esiti dei rilievi eseguiti nel sito produttivo, tenendo conto anche di «un'apprezzabile attività temporale della centrale. È un procedimento tutt'altro che breve. Attualmente - continua Lia - sono in corso le attività da parte di un'equipe che sta lavorando per fornire gli esiti al magistrato. Gli accertamenti sono molto lunghi e complicati, e i tempi giocoforza si dilatano».Siamo quindi in questa fase. «La conclusione di tutte le analisi - prosegue il procuratore - permetterà al magistrato di valutare se si configura il reato ambientale o altre circostanze di eventuale irregolarità».Lia non sottace la collaborazione fornita dall'azienda A2A: «Finora ha dimostrato piena disponibilità e di questo ne siamo soddisfatti. Ma bisogna ancora attendere».L'autorità giudiziaria è del resto a conoscenza del territorio monfalconese. La sua complessa realtà, caratterizzata anche dalla "fragilità" legata al fenomeno dell'amianto «è ben presente», osserva il procuratore. Quanto allo specifico ruolo della magistratura Lia evidenzia: «Alla magistratura compete la verifica della realtà dei fatti e la tipologia di inquinamento complessivo della centrale, al di là dei dati ufficiali forniti da A2A. In base poi agli esposti inoltrati in Procura, è stata eseguita un'attività preliminare di verifica del sito e del territorio circostante, anche monitorando le emissioni».Un'indagine dunque ancora aperta circa la sussistenza del reato ambientale o di altre eventuali "anomalie" che potrebbero evidenziarsi nel corso della verifica inquirente. Per questo il procuratore Lia sottolinea: «La sussistenza di un reato è da provare». Quindi non è al momento prospettabile un rinvio a giudizio, poiché il processo di verifica è ancora in corso e, all'esito finale, potrebbe anche fornire elementi non sufficienti per sostenere il reato ipotizzato.C'è un altro aspetto a proposito del ruolo dell'autorità giudiziaria. «Pensare di poter risolvere i problemi con un procedimento penale è assolutamente sbagliato - chiarisce Lia -. Al di là del nostro compito, le dinamiche territoriali non ci interessano, poiché competono agli enti pubblici preposti».