IL SONDAGGIO: - Carbone come combustibile?

venerdì 10 marzo 2017

Violazione dolosa delle disposizioni in materia ambientale

Secondo quanto ampiamente riportato dai mezzi d'informazione, nei giorni scorsi, la magistratura ha formalmente aperto un'inchiesta nei confronti di A2A consegnando tre avvisi di garanzia ad altrettanti dirigenti della società. 
L'ipotesi contestata sarebbe "Violazione dolosa delle disposizioni in materia ambientale".
Naturalmente seguiremo gli sviluppi dell'inchiesta.
Quello che possiamo per il momento rilevare è che l'azienda sulla stampa ha replicato secondo il copione che in questi anni ha sempre seguito, cioè affermando di aver sempre rispettato la legislazione vigente e l'AIA per quanto riguarda le emissioni. 
Il problema è che, come avevamo avuto già modo di sottolineare, la legislazione italiana è carente e non aggiornata (vedi nocarbone.blogspot.it/2016/10/il-2017-si-avvicina-puntiamo-tutto.html ) e di per se il suo rispetto non garantisce la tutela della salute umana e dell'ambiente. Poichè quest'ultima dovrebbe avere priorità rispetto a profitti di un'impresa la giustificazione di A2A appare decisamente debole.

Riportiamo gli articoli apparsi:

Il Piccolo 10-03-2017

La Procura ipotizza il reato di violazione dolosa delle disposizioni in materia ambientale dopo
aver raccolto una serie di dati dalle analisi del terreno e del fondo marino circostanti l’impianto
Tre indagati alla centrale A2A per inquinamento ambientale

di Roberto Covaz “Violazione dolosa delle disposizioni in materia ambientale”. È l’articolo 452 bis del codice penale. Ed è questa l’ipotesi di reato per cui la Procura della Repubblica di Gorizia ha avviato un’indagine per accertare il rispetto delle normative ambientali vigenti da parte della centrale A2A di Monfalcone. L’indagine è formalmente scattata mercoledì. Contestualmente all’ingresso nell’impianto degli investigatori sono stati notificati tre avvisi di garanzia ad altrettanti dirigenti della centrale di Monfalcone. Non risulta che alcun provvedimento sia stato notificato allo stato attuale nella sede centrale di Brescia. L’avviso di garanzia è uno strumento a tutela dell’indagato e non va interpretato in alcun modo come indizio di colpevolezza. Il capo della Procura della Repubblica di Gorizia, Massimo Lia, ha spiegato i contorni dell’indagine affidata al sostituto procuratore Valentina Bossi. L’indagine muove da alcune segnalazioni su presunti casi di inquinamento attribuiti alla centrale di Monfalcone nel periodo compreso tra il 2011 e il 2013 e oltre. Tra queste segnalazioni rientra anche l’esposto presentato in Procura dall’allora consigliere comunale Anna Maria Cisint. L’avvio dell’indagine vera e propria - che proseguirà nelle prossime settimane - è stata preceduta da un’attività investigativa “sotto traccia” affidata dalla Procura a consulente. Il professionista ha effettuato un lungo e meticoloso controllo sul suolo e sul fondo marino che preso in considerazione un vasto territorio attorno alla centrale. Una volta analizzati i dati raccolti la Procura ha ritenuto di avere gli elementi per avviare l’indagine vera e propria. «Siamo in una fase preliminare dell’indagine - ha puntualizzato Lia - . La notifica degli avvisi di garanzia è un atto dovuto. Soprattutto in indagine di questo tipo bisogna agire con prudenza senza creare allarmismi. Certamente la collocazione di una centrale di quelle dimensioni inserita nel tessuto urbano rappresenta un elemento da monitorare con estrema attenzione». Obiettivo dell’indagine è stabilire se le emissioni prodotte dalla combustione del carbone inquinano l’ambiente circostante oppure no. A2A EnergieFuture conferma «che ha prestato e continuerà a prestare ogni collaborazione richiesta da tutte le autorità competenti, tiene a evidenziare che - in conformità alla propria politica di attenzione per l'ambiente e per la massima sostenibilità possibile delle proprie attività industriali - ha sempre esercito la centrale in piena ottemperanza alle leggi, ai regolamenti e alle prescrizioni vigenti, e ha compiuto ogni sforzo non solo per adeguare le proprie attività alle migliori tecniche disponibili, ma anche per accertare l'assenza di significativi impatti sull'ambiente circostante». Lo stesso Lia ha dato atto all’azienda di essersi resa disponibile a mettere a disposizione dell’autorità giudiziaria. La complessità dell’indagine si può misurare anche dalle forze messe in campo dalla Procura. Stanno operando tecnici dell’Arpa Fvg e del Veneto (questi ultimi hanno assistito le operazioni del consulente), il Noe dei carabinieri di Udine, i carabinieri della polizia giudiziaria e il nucleo operativo della compagnia dei carabinieri di Monfalcone. Molti gli elementi da accertare a cominciare dallo stato dell’arte all’interno della centrale, ovvero se c’è corrispondenza con le normative vigenti; la consistenza del carbone combusto; il trattamento dei rifiuti di lavorazioni.

L’avvocato Cavallo: «Le indagini hanno trovato riscontri, verificherò se il Comune vuole muoversi»
Il blitz a tre anni dall’esposto di Anna Cisint

di Tiziana Carpinelli Il blitz dell’altro giorno, nella sede industriale di via Timavo, ha colto tutti di sorpresa. A oltre tre anni di distanza dall’esposto sottoscritto dall’allora consigliere d’opposizione e oggi sindaco Anna Cisint le indagini hanno mosso alcuni precisi passi, coi primi provvedimenti della magistratura, anche a tutela dei soggetti coinvolti. L’avvocato Stefano Cavallo, che aveva assistito l’ex esponente di Obiettivo Monfalcone nella deposizione di un corposo dossier, addirittura di 500 pagine, è il primo a commentare la vicenda giudiziaria: «Le indagini evidentemente hanno portato a dei riscontri che meritano un approfondimento da parte della Procura». «E da quanto ho appreso - puntualizza - ci sono degli avvisi di garanzia. Circostanza che mi induce a ritenere che l’esposto aveva un serio fondamento». Le ultime notizie circolate su A2a, relativamente a questa segnalazione, risalivano al 2014, quando l’allora Procuratore generale Caterina Ajello aveva confermato l’apertura di un fascicolo teso a verificare lo stato delle emissioni della centrale, altresì annunciando la nomina di un perito di alto profilo per seguire i relativi rilevamenti. «Ulteriori dettagli non conosco e di più non posso riferire in merito a questo caso - continua l’avvocato -. Da un punto di vista squisitamente legale posso solo sottolineare che nel frattempo, dall’avvio dell’esposto a questi fatti, è mutata, nel 2015, la normativa in materia, con l’introduzione di un nuovo reato ambientale. Se non erro, a memoria, il 452-bis. Quindi immagino che l’ipotesi di reato sia stata adeguata alla nuova legislazione in materia, peraltro più severa con pene in astratto da 2 a 6 anni». Quanto ai prossimi passi, Cavallo si riserva di parlare oggi con Cisint per «verificare se l’esposto verrà portato avanti anche dall’amministrazione, vale a dire dal Comune, che in un’eventuale giudizio potrebbe diventare soggetto offeso e dunque costituirsi come parte civile». Nel novembre 2013 al dossier Cisint aveva allegato studi scientifici e atti ai fini del rilascio dell’Aia per l’esercizio della centrale. Il tutto a partire dall’indagine sulla presenza dei metalli pesanti nel Monfalconese, eseguita nel 2001 dall’allora Elettrogen Spa, commissionata dalla proprietà Enel, attraverso l’utilizzo di licheni-biondicatori. Tramite l’esposto, veniva chiesto alla Procura di accertare in primis se la presenza di metalli pesanti nell’aria del territorio del comune fosse riconducibile in modo diretto o meno alle emissioni della centrale e se fosse ravvisabile una correlazione tra le emissioni e l’insorgenza di tumori, aborti, fino ai decessi riscontrabili nel tempo. Veniva inoltre chiesto se Stato, Regione, Provincia e Comune, preposti ai controlli e alla tutela della salute pubblica e ambiente, nonchè al rilascio delle autorizzazioni necessarie per l’esercizio dell’attività produttiva, fossero o meno perseguibili in ordine all’omissione di atti o azioni assegnati per specifica competenza.