La recente presentazione dello studio “ Indagine
epidemiologica ambientale nell’area Monfalconese ” commissionato dalla
Regione ha suscitato parecchio scalpore nell’Isontino.
I mezzi d’informazione hanno titolato dicendo che lo studio “assolve”
la centrale.
Ma entrando più in dettaglio secondo noi la situazione è
diversa.
Lo studio infatti propone conclusioni contradditorie:
correlando i casi di tumore alla vescica nelle donne con la distanza di
residenza dalla centrale A2A si nota una maggiore probabilità di ammalarsi più
si abita vicino alla ciminiera; correlando invece i casi di tumore con il
modello di ricaduta degli inquinanti prodotto dalla ditta ARIANET su
commissione di A2A si arriva alla conclusione che non è la centrale ad
aumentare il rischio di tumore.
Proprio questo è il punto: nel novembre del 2014 il Comitato
NO Carbone Isontino aveva analizzato lo studio di ARIANET, trovandolo poco
convincente . Di segiuto riportiamo la presentazione dei nostri commenti alla
stampa, lo studio di ARIANET e il relativo articolo publicato da il Piccolo
allora.
La domanda che ci sorge spontanea è: come mai un indagine
epidemiologica commissionata dalla Regione FVG fonda le sue conclusioni su uno
studio pagato da A2A?
Il Piccolo 2014-11-30,
«LO STUDIO SULL’ARIA DI A2A
NON È AFFATTO CONVINCENTE»
Lo studio sulla qualità dell'aria a Monfalcone e nel territorio circostante
commissionato da A2A, proprietaria della centrale termoelettrica, ad Arianet
non risulta del tutto convincente per il Comitato No Carbone isontino. Il
comitato, che ha illustrato l'esito del proprio lavoro ieri in una conferenza
stampa alla presenza di componenti del Comitato rione Enel, ritiene però di
aver individuato alcuni elementi poco convincenti. Anche a fronte delle
risultanze dello studio condotto da Arpa Fvg e Dipartimento di scienze della
vita sulle concentrazioni di inquinanti rilevate nei licheni. «L'evidente
relazione tra picchi di presenza di arsenico e vanadio - ha ribadito ieri il
presidente Dario Antonaz -, elementi tipicamente emessi dalla combustisione del
carbone, rende la centrale A2A la probabile fonte di inquinamento, anche se ci
sono lavorazioni nel territorio che impiegano metalli». Il Comitato osserva
innanzitutto come lo studio parta dai dati delle emissioni inquinanti nel
territorio per produrre una simulazione in base a un modello matematico che
dovrebbe fornire le concentrazioni degli stessi inquinanti a livello del suolo.
«I dati di partenza, però, sono quelli rilevati al camino della centrale in
continuo per CO2, SO2, NoX, polveri - ha detto Antonaz -, mentre per i metalli
pesanti ci sono sette rilevazioni in tre anni. Un numero esiguo, se si
considera che partite diverse di carbone possono generare emissioni molto
diverse». Per le altre fonti inquinanti, secondo il Comitato No carbone, non
vengono riportate misurazioni e «le emissioni sembrano stimate in base a
documenti autorizzativi, modelli statistici o simulazioni». La centrale rimane
poi, anche per lo studio Arianet, la principale fonte inquinante, ma in base
alla simulazione sulla dispersione delle emissioni non è la responsabile della
cattiva qualità dell'aria a livello del suolo. «Per noi questa rimane appunto
una simulazione», ha obiettato Antonaz a nome del Comitato, sollevando infine
il nodo dell'incongruenza dei dati relativi all'anidride solforosa e gli ossidi
di azoto rilevati effettivamente dalle centraline Arpa dislocate nel Basso
Isontino e quelli della simulazione. «Per l'SO2 la simulazione fornisce valori
otto volte inferiori a quanto misurato dalle centraline», ha sottolineato
Antonaz. Il documento prodotto dal Comitato No Carbone si conclude citando i
dati di Terna relativi al consumo interno lordo di energia elettrica che vedono
calare quelli da fonti tradizionali. Chiesto alle amministrazioni locali di
supportare il desiderio dell'Università di Trieste di proseguire l'azione di
biomonitoraggio attraverso i licheni. Laura Blasich